Quando arriva l’estate, quanto è bello andare in spiaggia a rilassarsi? Sentire la sabbia sotto ai piedi, prendere il sole sull’asciugamano, magari dopo una bella nuotata che ci lascia con il sapore del sale… Un’atmosfera di relax meravigliosa! A quanti, però, è capitato di dimenticare di mettere la crema solare e prendere una forte scottatura? Dai, è successo a tutti almeno una volta, soprattutto da piccoli! Cosa diceva sempre la mamma? “Metti la crema solare! Mi raccomando!” E puntualmente non l’ascoltavamo, vero? Ecco, devi sapere che la plastica è come la tua pelle: molto sensibile ai raggi del sole e agli agenti esterni come umidità, salsedine, polvere. La plastica sbiadita potrebbe essere il risultato di un’esposizione scorretta. Noi di Gaypa siamo un po’ come la mamma: dobbiamo ricordarti di utilizzare i giusti prodotti per i polimeri per uso esterno, perché anche la plastica ha bisogno della protezione UV!
Quando le onde elettromagnetiche (aka i raggi del sole) colpiscono una superficie di plastica, possono danneggiarla. Plastica sbiadita, cambio di colore, crepe, sfibramento e deformazione sono tra le conseguenze più note. In modo particolare ciò avviene quando c’è una forte concentrazione di onde ad alta frequenza (i famigerati raggi UV). Focalizzandoci sul colore, la mutazione avviene a livello molecolare: i raggi luminosi che incontrano un pigmento possono rompere i legami chimici delle molecole cromofore, responsabili della colorazione. Diverse sono le reazioni chimiche note come fotodegradazione. La più comune è la foto-ossidazione: le molecole colpite dai raggi UV vengono eccitate e divengono instabili, reagendo con l’ossigeno presente nell'atmosfera. Ne consegue un cambiamento nella struttura del gruppo cromoforo che, ossidando, perde la sua proprietà coloristica. Particolarmente sensibili a tale processo sono i pigmenti contenenti atomi di carbonio che, come abbiamo raccontato nel nostro articolo precedente, vengono definiti pigmenti organici.
Un altro fattore da tenere in considerazione è la geografia. Facciamo un esempio pratico. Un tavolino nel giardino di una casa in Islanda dopo anni di esposizione risulterà avere un colore meno alterato rispetto allo stesso modello esposto per il medesimo periodo di tempo sul bordo piscina di un hotel in Grecia. Perché? Ciò si spiega poiché le differenti aree del mondo subiscono l’influenza dell’irraggiamento solare in maniera molto diversa. E quindi i materiali entrano in contatto con un quantitativo di onde elettromagnetiche che può cambiare tantissimo da area ad area. Esistono anche delle tabelle molto interessanti che mostrano i dati medi annui di irraggiamento ricevuto per le diverse zone del mondo. Dai grafici risulta evidente che l'intensità della radiazione UV varia con la latitudine: più ci si avvicina all’Equatore maggiore è l’influenza del Sole e viceversa man mano che ci si allontana verso i Poli.
L’esposizione al Sole non è tutto. La plastica dello stesso tavolino, infatti, potrebbe avere delle reazioni di invecchiamento diverse se quest’ultimo fosse esposto nel terrazzo di un appartamento in Giappone oppure nel cortile di una casa in Marocco. Questo perché anche altri fattori possono entrare in sinergia con l’influenza ostica dei raggi UV e scatenare reazioni diverse. Tra questi elementi l’umidità, la polvere, le precipitazioni e la salsedine influenzano in modo cruciale il mantenimento sano dei nostri prodotti e sono spesso causa principale della plastica sbiadita. Non dobbiamo restare sorpresi, perciò, se il nostro sdraio da spiaggia non si conserva bene quanto lo sgabellino che utilizziamo per andare in campeggio in montagna!
“Ok Gaypa, è tutto chiaro, ma io cosa posso farci? A me servono soluzioni.” Lo sappiamo, adesso ci arriviamo. Una via d’uscita esiste per tutto, per forza, altrimenti ogni anno i proprietari dei resort ai tropici dovrebbero cambiare l’arredo da esterno e questo sarebbe un vero spreco! Innanzitutto, bisogna capire come reagiscono i materiali che abbiamo intenzione di utilizzare quando esposti all’aperto sul lungo periodo. Però, non possiamo semplicemente lasciare la nostra plastica alla luce e vedere che cosa succede, perché potrebbero volerci addirittura dei mesi prima che qualcosa avvenga. Perciò, gli esperti hanno ideato degli strumenti per l’invecchiamento accelerato. Si tratta di macchinari che simulano l’esposizione per un arco temporale disteso all’irraggiamento solare (e alcuni più particolari anche ad altri fattori meteorologici). I più comuni impiegati nello studio della degradazione e della plastica sbiadita sono i macchinari con lampade UV e allo Xeno (un elemento molto utile, capace di riprodurre lo spettro di irradianza solare).
Una volta che i pigmenti hanno subito il processo di invecchiamento accelerato, vengono classificati in base ai tempi di resistenza all’esposizione. Diverse sono le scale di valori che sono state stipulate nel tempo. La più nota è la scala Lana Blu (Blue Wool). Ogni pigmento possiede un valore che va da 1 ad 8, ad indicare la solidità del colore alla luce. Per intenderci, 1 è la resistenza di un colore che causa plastica sbiadita appena mette il piede fuori casa, 8 è la solidità di un pigmento che lasciato all’esterno per un secolo risulta ancora integro. Una curiosità: sapete perché si chiama scala Lana Blu? Perché questo studio eseguito agli albori delle analisi sui pigmenti, all’epoca per l’industria tessile, fu realizzato con dei pezzi di stoffa di lana colorati di blu ed esposti al sole per molto tempo, da confrontare con un campione conservato con cura all’interno. Forte, no?
Dalle analisi è risultato evidente che i pigmenti inorganici hanno una resistenza migliore rispetto agli organici per quanto riguarda** solidità alla luce**. Per questo, sono i migliori da sfruttare nella plastica per applicazioni outdoor. Una soluzione, quindi, potrebbe essere quella di creare delle formulazioni di masterbatch composte solamente da pigmenti inorganici. Questi, però tendono ad essere meno appariscenti, quindi una seconda alternativa potrebbe essere quella di creare un mix di pigmenti di diversa natura, tenendo presente che i colori organici nel tempo tenderanno comunque a sbiadire. Si potrebbe, perciò, valutare lo studio di una solida base inorganica che possa compensare la plastica sbiadita che andrebbe a crearsi sul lungo termine. In ogni caso, è utile precisare che i pigmenti organici non hanno tutti lo stesso grado di vulnerabilità, alcuni possono essere trattati per migliorare la loro resistenza.
Un’altra idea molto pratica è utilizzare una protezione UV per plastica, ovvero degli additivi anti-UV. Questi prodotti assorbono o riflettono i raggi UV, impedendo che colpiscano direttamente le molecole cromofore dei pigmenti. Alcuni degli additivi più comunemente utilizzati includono composti di ossido di zinco e biossido di titanio. Essi creano uno strato protettivo sulla superficie della plastica, assorbendo i raggi UV e riducendone l'energia. In pratica, funzionano proprio come la crema solare che mettiamo sulla nostra pelle! Ne esistono di diverso tipo, come gli Assorbitori UV, gli Stabilizzatori alla Luce (HALS) e i Bloccanti UV che comportano delle reazioni chimiche diverse, ma il concetto rimane lo stesso: difendere la plastica dalla degradazione alla luce. Essi vengono incorporati nella plastica durante la fase di produzione ed è importante scegliere la tipologia che più sia compatibile con i materiali e il mercato finale del nostro prodotto.
La plastica sbiadita non è mai un buon segno. Non si tratta solo di un fattore estetico: anche le funzionalità di un oggetto potrebbero venire alterate dall’esposizione alla luce solare, causando non pochi rischi per la sicurezza. Ricordati sempre di considerare l'ambiente in cui verranno utilizzati i tuoi prodotti. Scegliere i giusti pigmenti e additivi può davvero fare la differenza per prolungare la vita del tuo progetto e renderlo un vero successo. Vuoi saperne di più?